RIVOLI – VIII CONGRESSO NAZIONALE DELLE ASSOCIAZIONI ITALIANE AFASICI –
La vita è cambiata
Per chi scriveva poesie
Per chi volava nei cieli
Scorrono le foto della vita di prima
La nostalgia per ciò che si era
E non si è più
Ma “si chiude una finestra
E si apre un portone”
“Perché adesso la vita è più bella ancora”
Dopo l’”incidente”
La vita è bellissima
Queste sono alcune frasi degli afasici ascoltate durante l’VIII Congresso Nazionale delle Associazioni italiane afasici, svoltosi a Rivoli (Torino) dal 17 al 19 aprile.
Emozione è la parola chiave di questo Congresso. Non voglio descrivere le singole attività, non voglio lodare la perfetta organizzazione, gli interventi degli specialisti che hanno offerto numerosi spunti di riflessione
Un estraneo a questo mondo potrebbe credere che incontrare persone gravemente offese nella possibilità di comunicare, a volte con difficoltà di deambulazione o con paresi, significhi incontrare tristezza e depressione. Ecco, la buona notizia è che invece gli afasici e i loro cari sono pieni di vita, della vita ritrovata dopo giorni o mesi di calvario, di paura, di assenza, di totale disorientamento. E la vita ritrovata è una festa ogni giorno. Questi uomini ritrovano quello che di più profondo è in tutti noi e che la società e la produttività a tutti i costi impediscono di coltivare e sviluppare. Ritrovano quella parte ludica, infantile, gioiosa, quella parte di noi che vuole cantare, suonare, disegnare, scrivere poesie. Osservarli, ascoltarli non può non contagiare chi li guarda, la loro gioia si diffonde e le differenze spariscono. Tutti stiamo meglio, nessuno si vergogna se cantando, la nota non intonata, se ballando il corpo è più lento della musica, se le gambe non sono agili come da giovani, tutti siamo rapiti da un entusiasmo e da una vitalità che si sprigiona intorno, si diffonde creando un miracolo.
Sono loro, gli afasici i più attivi e i più svegli a mezzanotte, quando ancora le note del valzer di Strauss volano nel salone insieme ai corpi che danzano. Noi. I caregiver,siamo stanchi e non capiamo come sia possibile sopportare tanta fatica. È la vita che erompe, che grida, ci sono.
Roberta Isastia
Torino, 19 aprile 2015